Theo e l'addio velenoso al Milan: quella confusione sul termine "valori"...

Dalla Treccani alla voce "valori": "Gli ideali che orientano le nostre scelte morali. Valori sono i princìpi che i singoli individui o una collettività considerano superiori o preferibili". E poi: "Fin dall’antichità il termine valore è stato usato per indicare il prezzo di qualcosa – valore di scambio – o la sua utilità – valore d’uso –, ma anche come sinonimo di merito, nobiltà morale di una persona".
Deve essere la confusione tra i diversi significati del dizionario che ha portato Theo Hernandez, appena passato dal Milan all’Al Hilal (dove guadagnerà 20 milioni netti all’anno) a scegliere di congedarsi con parole al veleno che hanno finito per accendere le rivalità dei tifosi (già comprensibilmente delusi per l'ottavo posto arrivato dopo tante mancanze del club e un mercato iniziato vendendo il miglior giocatore, Reijnders, non Theo) e diventare strumento dell’ennesimo regolamento di conti via social. Il valore in campo, quindi il merito professionale, apparso in tutta la sua brillantezza nella stagione dello scudetto, quando con Leao su quella fascia il Milan era imbattibile, era appannato da un po’: a parte le carenze difensive che non sono state indifferenti alla caterva di gol incassati, della stagione passata si ricordano un clamoroso ammutinamento nel cooling break e una simulazione trasformata in un rosso pesante sul cammino in Champions del Milan. Non a caso in queste settimane non c’era la coda di pretendenti per Theo.
Per quanto riguarda altri valori, vengono in mente invece l’infittirsi di voci sulla sua vita extra campo che hanno caratterizzato l’ultima stagione: per giusto principio garantista vogliamo credere fossero tutte false, di sicuro è vero che i dirigenti milanisti si sono sempre prodigati nel difenderlo e proteggerlo anche dalle insinuazioni più fastidiose. Ora: non si pretende l’autocritica alla Charles Leclerc che si autoflagella in radio, o per restare al calcio, Raul Asencio del Real ("Sento di non essere stato all’altezza in un Mondiale per Club che richiedeva il massimo"), ed è pur vero che la dirigenza del Milan ha commesso errori gravi (a cui si sta cercando di porre rimedio con gli ingressi in società di Tare e Allegri) ma spacciare una scelta professionale per una mancata condivisione di valori (e ambizioni: come se il campionato arabo fosse prestigioso) appare onestamente troppo: tanto più che l’offerta meno remunerativa del Como arrivata in inverno era stata rifiutata da Hernandez allora non in scarsa sintonia coi valori rossoneri.
C’è modo e modo di dirsi addio. Se non si è riconoscenti al club dove si sono raggiunti i migliori successi professionali si può anche scegliere il silenzio, magari non proprio autentico, come quello di Simone Inzaghi (che Theo ritroverà all’Al Hilal) che se n’è andato dall’Inter fingendo di aver deciso dopo la fine della stagione ma senza fiatare, o anche Thomas Muller che pur essendo stato scaricato come un ferro vecchio dal Bayern non ha detto mezza parola fuori posto. E sì che Theo aveva appena visto uno che al Milan sta per arrivare, un certo Luka Modric, salutare il Real Madrid con tutta un’altra eleganza pur in seguito a una sconfitta per 4-0 che si è trasformata in un pasillo de honor ("È stato un viaggio indimenticabile", la frase meno carina del croato), oppure ancora andare a leggere come De Bruyne si è lasciato con il Manchester City (certo, entrambi hanno rappresentato molto di più per i rispettivi club: e viene da chiedersi se, qualche volta, i vari significati della parola valore non vadano di pari passo).
La Gazzetta dello Sport